Piccola e ipersportiva, la bicilindrica due tempi di Hamamatsu è una icona del passato, rappresentante di una categoria che portava su strada tecnologia e prestazioni da vere GP
Di Leslie Scazzola
Se dici “Gamma”, non hai bisogno di aggiungere altro. No, non c’entra l’alfabeto greco: due tempi, Gran Premi, Kevin Schwantz, ecco i pensieri che in un attimo ti affollano la mente nell’istante stesso in cui senti quella parola. La RGV 250 Γ di questo test è una moto del 1993, nome in codice VJ22. Con il suo bicilindrico a 90° è l’ultima versione della sportiva giapponese così come l’abbiamo conosciuta in Italia e in gran parte d’Europa. Nata nel 1988 come evoluzione della “RG” con cilindri paralleli, la moto conobbe infatti un ulteriore – e definitivo – step evolutivo nel 1995, restando però pressoché confinata al solo mercato giapponese e raggiungendo solo pochi paesi del Vecchio Continente, come Inghilterra e Olanda.
Come è fatta: le piccole (vere) sportive che non esistono più
La “nostra” Gamma è esattamente quel che ci si aspetta da una vera moto da corsa: piccola, compatta e con un design importato direttamente dai GP. La moto miscela finiture di alto livello a dettagli spartani tipicamente racing, come ad esempio il telaietto del cupolino “a vista” oppure le vistose coppiglie che fissano i supporti laterali della carenatura. Ora, prendete una RGV 250 Gamma come questa e mettetela di fianco ad una qualsiasi sportiva di piccola cilindrata di ultima generazione. Notate niente? La Suzukina – al pari delle piccole cilindrate sportive del suo periodo – è una moto pensata davvero per correre, e lo mostra con fierezza da qualsiasi angolazione la si guardi. Pregevoli telaio (scomponibile) e forcellone in alluminio, doppio disco anteriore flottante da 300 mm di diametro, forcella a steli rovesciati da 40 mm e monoammortizzatore regolabile sono solo alcune delle caratteristiche di base di questa moto, alle quali si aggiungono i circa 60 cv del propulsore con valvole di scarico a comando elettronico ed i cerchi in lega da 17” con pneumatici di sezione generosa (110/70 e 150/60). Le moderne piccole cilindrate proposte oggi in Europa, invece, sono spesso frutto di progetti pensati e realizzati per alcuni grandi mercati del far east e successivamente importate da noi, col risultato di trovarci a cavalcare moto dotate di sospensioni, cerchi e freni spesso dozzinali che poco o nulla hanno a che fare con le corse, con misure talmente compatte da risultare inadatte al nostro pubblico. E che dire di certi design basici con vaghi richiami qua e là che scimmiottano lo stile corsaiolo? Insomma, non c’è storia. Se oggi le cilindrate contenute sono scelte esclusivamente dai giovanissimi, moto come la Suzuki 250, la sorella Aprilia RS, le piccole quattro cilindri a 4T come la Kawasaki ZXR 400 (l’unica della categoria a suo tempo importata in Italia) erano moto da corsa spesso guidate e ostentate come una vera “filosofia” da utilizzatori di ogni età, piloti che alle prestazioni esagerate delle maxi preferivano l’agilità e la purezza della bella guida.
Salire oggi in sella al Gamma significa fare un doppio salto carpiato in un passato che non tornerà mai più. La vedi, la senti, la respiri e la percepisci come una vera moto da pista, e il peso di soli 140 kg ti trasferisce un’immediata sensazione di facilità. Il bicilindrico è regolare anche ai bassi e medi regimi, e questo soprattutto grazie all’egregio lavoro delle valvole parzializzatrici sullo scarico, che “strozzano” il passaggio dei gas in tre fasi differenti al fine di garantire una erogazione sfruttabile a tutte le rotazioni senza sacrificare le prestazioni massime. Tuttavia, e qui la prima grande differenza rispetto alle moto moderne, toglietevi dalla testa il tiro o la coppia ai medi di una 4T, anche della più spompata: con il Gamma, fino a 8.000 giri spalanchi il gas e sembra quasi non accadere niente, la moto ti porta semplicemente in giro con poco brio. Il bicilindrico sale di rotazione in maniera pacata e rassicurante, senza strattoni, obbligando a scalare una o anche due marce per effettuare un sorpasso qualunque mentre si viaggia in souplesse. Arrivati a 8.000 giri, invece, la musica cambia del tutto, con la lancetta del contagiri che in attimo schizza fino a raggiungere la zona rossa (12.000 rpm) e una corposa entrata in coppia. Tutto bello, anzi, fantastico: peccato che l’emozione duri giusto un battito di ciglia, e che per sfruttare ogni stilla di potenza il pilota sia costretto a lavorare molto col cambio al fine di mantenere il motore entro il regime ideale, magari passando al rapporto successivo anche a centro curva con la moto molto inclinata. Non facile.
Un altro aspetto tipico dei due tempi è la totale assenza di freno motore, caratteristica che consiglia di imparare a lavorare con il freno posteriore nell’ottica di sfruttare l’eccezionale velocità di ingresso in curva di cui la RGV è capace. Se arrivando leggermente veloci in traiettoria con un 4T è sufficiente chiudere un istante il gas per tornare sulla linea ideale, con questi motori bisogna imparare a guidare in modo millimetrico e privo di sbavature, considerato anche che, una volta aperto il gas, la potenza da scaricare a terra non è elevata e ogni minima incertezza si paga caramente in termini di velocità. In più, l’assenza di inerzia del motore in frenata obbliga ad affidarsi completamente all’impianto anteriore, il quale ancor oggi si dimostra impeccabile per potenza decelerante e modulabilità. La natura prettamente racing della RGV trova massima espressione nelle esse e nei veloci cambi di traiettoria dove, grazie soprattutto al peso contenuto (unitamente all’assenza di freno motore), si traduce in una agilità che sulle prime può addirittura intimorire.
Non per tutti
Mettersi alla ricerca di una Suzuki RGV 250 Gamma in buone condizioni oggi è tutt’altro che semplice, in quanto dopo oltre vent’anni di carriera i pochi esemplari rimasti sono spesso in condizioni sommarie o pasticciate. Scegliere questa moto significa portarsi a casa un pezzo di storia, un mezzo per il quale – oggi più di ieri – gli appassionati ti si avvicinano per chiedere informazioni e ammirare il suo splendido design “race oriented”. Tuttavia, ci sono delle controindicazioni, la prima delle quali deriva dalla manutenzione periodica elevata (il controllo delle valvole di scarico deve essere frequente, anche ogni 3 o 4.000 km) e dall’esigenza della meccanica di girare ad alti regimi, pena l’imbrattamento di marmitte e cilindri con residui di olio incombusto. In compenso, per i ricambi non c’è alcun problema, visto che le concessionarie Suzuki possono tranquillamente mettere in ordine qualsiasi ricambio originale (l’abbiamo testato acquistando alcune viti e guarnizioni per il modello in prova). I consumi, infine, sono a dir poco imbarazzanti, considerato che nel nostro test abbiamo calcolato circa 5 km con un litro nell’impiego in pista a cui si aggiunge un litro d’olio ogni 500 km circa. Insomma, se volete una moto da usare casa-lavoro siete sulla strada sbagliata.
Il valore di una Suzuki RGV 250 Gamma
Il Gamma a nostra disposizione è proveniente da una collezione privata. Perfettamente originale in ogni dettaglio, la moto è conservata in maniera impeccabile, mai caduta nemmeno da ferma e con circa 20k chilometri all’attivo. Di recente sono stati sostituiti i pistoni ed è stata eseguita una profonda pulizia del gruppo termico e dei carburatori, oltre ad una revisione della forcella e pochissimi altri interventi di routine. Nel corso della prova la moto ha manifestato una significativa perdita di pressione dell’impianto frenante, dovuta sicuramente al “gonfiaggio” dei tubi freno (originali) sotto sforzo.
Un modello in queste condizioni è raro da trovare, in quanto nel corso della loro vita queste moto non è improbabile che abbiano subito modifiche – anche importanti – o che siano state utilizzate in pista. Se è vero che si trovano anche esemplari a 2.000 o 2.500 euro, la rarità di una RGV così conservata può far lievitare il valore anche fino a 5 o 6.000 euro.
Suzuki RGV, la sua storia
Nel 1983 Suzuki presenta la sua “duemmezzo” a due tempi, stretta parente delle RG da Gran Premio e dotata di semi-carenatura che lascia scoperta la meccanica. Il propulsore è un bicilindrico parallelo capace di 45 CV a 9.500 giri, mentre la sua ciclistica verte su di un telaio in alluminio a doppia culla, sospensioni tradizionali e doppio freno a disco anteriore. Appena 130 kg il peso a secco dichiarato. Con la versione MK3, la prima importata in Italia, nel 1987 la Suzuki RG250 Gamma è oggetto di un profondo rinnovamento, tra cui spiccano la carenatura integrale, la forcella telescopica dotata di sistema antiaffondamento in frenata “Antidive” (soluzione che alla fine degli anni ’80 venne abbandonata da tutti i costruttori) e le valvole di scarico elettroniche Automatic Exhaust Control.
Alla fine del 1988 il progetto viene radicalmente evoluto con l’introduzione del nuovo bicilindrico a V di 90°, esatta metà del quattro cilindri V della 500 GP e dotato di sistema di ammissione lamellare con aspirazione diretta nel carter. Il nuovo motore è caratterizzato dall’adozione di un singolo albero motore, cambio estraibile, una coppia di carburatori a Slingshot da 32 mm (a depressione) e valvole AETC a comando elettronico allo scarico. Anche la ciclistica subisce un profondo rinnovamento, grazie all’introduzione del nuovo telaio a doppia culla in alluminio a sezione rettangolare, forcella tradizionale con steli da 41 mm di diametro ed una coppia pneumatici dalle dimensioni generose (110/70-17 e 140/60-18). La potenza sale fino ai 58 cv, per un peso a secco di soli 128 kg. La filosofia strettamente legata alle competizioni di questo modello fa sì che la moto stradale venga utilizzata dal reparto corse Suzuki quale base di partenza sulla quale costruire il prototipo da corsa, con la quale la Casa debuttò nel Mondiale 250 GP nel 1992.
Nel 1991 la Suzuki Gamma prosegue nel suo cammino di perfezionamento: debutta un nuovo profilo della carenatura, telaio con reggisella scomponibile e numerosi aggiornamenti al propulsore, alle valvole di scarico SAPC ed ai carburatori, che fanno lievitare la potenza fino a 62 cv. La ciclistica di questo modello si avvale di un inedito forcellone con conformazione “a banana”, una forcella a steli rovesciati da 41 mm, il cerchio posteriore da 17” con pneumatico 150/60 e del caratteristico doppio silenziatore sovrapposto sul fianco destro. Altri aggiornamenti arrivano nel 1993 (come il modello in prova) con l’ottimizzazione delle valvole di scarico elettroniche e l’arrivo di un nuovo forcellone simmetrico dotato di capriata superiore di rinforzo.
L’ultima evoluzione della Suzuki RGV 250 Gamma è presentata sul mercato giapponese alla fine del 1995, anche se sono pochi i Paesi europei ad importarla, tra cui Inghilterra e Olanda. In Italia e nel resto del Continente il testimone viene raccolto dalla Aprilia RS 250, dotata del propulsore Suzuki. L’ultima evoluzione della Gamma è stata oggetto di una profonda evoluzione, dal design alla componentistica, con un inedito bicilindrico a V di 70° con frizione a secco accreditato di oltre 70 cv.
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Servizio bellissimo…..complimenti!!!!!
Grazie mille Massimo! 🙂