Il marchio Cagiva giace sotto la polvere nell’attesa di portare al debutto una novità elettrica. In un mercato delle piccole cilindrate in netta crescita è ora di risvegliare l’Elefantino e realizzare la Mito del futuro: base ciclistica supercollaudata, motore monocilindrico 300cc e 500cc, tanta sportività e leggerezza per un sogno che conquisterebbe i giovani ed i piloti più esperti.
Ducati spopola con la sua nuova Scrambler, rinasce il Benelli Leoncino e torna alla ribalta pure il Fantic Caballero. Se le recenti dichiarazioni del presidente Giovanni Castiglioni spingono per l’ingresso del Gruppo nel mondo della mobilità elettrica con il marchio Cagiva, credo che – parallelamente – per MV Agusta sia ora di tirare fuori dagli archivi i progetti del “suo” Mito e tornare in pista con una moto che rappresenterebbe il sogno di nuove e vecchie generazioni. Ok la sostenibilità, giustissimo guardare al futuro e gettare le basi per una sfida tecnologica che rappresenta l’orizzonte (lontano, ma nemmeno troppo) della mobilità, ma ritengo che i numeri totalizzati oggi dal microcosmo dell’elettrico siano destinati a restare estremamente marginali ancora a lungo per una svariata serie di problematiche. Con la Mito 3.0 parlo di emozioni concrete, tangibili e monetizzabili nell’immediato.
Tornando ai modelli sopra citati, voi mi direte: “che c’azzecca una sportiva dura e pure con delle moto in stile classic o vintage?” Nulla, ovviamente. Però è pur vero che Honda CBR 300/500, KTM RC 390, Yamaha YZR R3 e Kawasaki Ninja 400 (solo per citare alcuni modelli del segmento) sono lì a dimostrare che la passione per le piccole supersport è viva e vegeta. Pensate quindi ad una sorta di “operazione nostalgia” riproposta in chiave supersportiva. Immaginando una moto autenticamente caratterizzata da un’anima da corsa (ciclistica, freni e sospensioni) viene facile pensare che un modello capace di distinguersi dalla concorrenza potrebbe davvero diventare il riferimento di questo rinato settore, soprattutto se certificato da un “brand” di assoluto valore come quello dell’Icona Cagiva dei tempi d’oro. Penso ad una Mito per forza di cose piegata alle imposizioni delle normative sull’inquinamento (leggi motore 4T) ma intatta nel suo fascino pistaiolo. Immagino una moto che abbia come base tecnica l’immarcescibile telaio a doppio trave in alluminio, probabilmente la struttura più longeva dell’intero panorama motociclistico mondiale (invariato dal 1990 a oggi); penso ad una moto che da quella base non si discosti pesantemente (anzi) se non per l’adozione di alcuni particolari oggi indispensabili per una sportiva vera. Ecco quindi un bel impianto frenante con pinza e pompa radiali, una strumentazione digitale e poco altro.
Volendo esagerare, il sogno sarebbe quello di vedere la Mito del futuro equipaggiata con un bel forcellone monobraccio, ormai marchio di fabbrica della produzione italiana più sportiva, magari abbinato a cerchi e pneumatici maggiorati. Per i propulsori la scelta è ampia e, nell’era della globalizzazione, nessuno si scandalizzerebbe se l’Azienda varesina guardasse ad una produzione di alto livello proveniente dall’Estremo Oriente. Oppure non occorrerebbe nemmeno andare molto più in là di Cassinetta di Biandronno (VA), ex sede Husqvarna e ora base operativa del rinato marchio SWM (joint venture con Chongqing Shineray Motorcycle Co). Un bel monocilindrico 500cc – 4T da 52 cv come QUESTO, oppure un 300cc come QUESTO: motori moderni, con alimentazione ad iniezione elettronica, testate a quattro valvole, raffreddamento a liquido e via dicendo, e che immagino possano essere proposti a prezzi abbordabili.
Perché una nuova Cagiva Mito?
Il motivo è semplice: oltre a rilanciare un Marchio che ormai sonnecchia da tanto (troppo) tempo, permetterebbe al Gruppo MV di tornare a costruire moto destinate al pubblico generalista, senza inficiare l’immagine e le peculiarità delle sportive premium che ha sfornato nella sua storia più recente. Andando indietro negli anni ad appena quattro o cinque stagioni fa, l’Azienda si era mossa in questa direzione proponendo una versione Brutale 800 a circa 8.000 euro, ma questa strategia – che di fatto snaturava il concetto di esclusività – venne ben presto abbandonata in virtù degli elevati costi di programmazione (tradotto: se progetti di vendere X moto in più devi assicurarti anche X forcelle, X freni e via dicendo) che hanno forse anche contribuito a minare la solidità finanziaria del Gruppo. Con il rilancio di Cagiva il problema sarebbe analogo, anche se fortemente ridimensionato. Come detto, la base tecnica c’è già, ed è validissima, quindi i costi di progettazione ed ingegnerizzazione dovrebbero essere in parte ridotti. A questo si unirebbe l’acquisto di motori dall’esterno, con ovvie ripercussioni economiche sull’intero budget del progetto. Al netto degli inevitabili costi di sviluppo e finalizzazione, del marketing e via discorrendo, penso comunque che l’operazione possa essere tutt’altro che impossibile. In un sol colpo i vertici MV Agusta darebbero al mondo intero una forte immagine di vitalità, avvicinando i più giovani e prendendo le distanze dalle molte proposte “pseudo-sportive” della categoria 300/500 cc di oggi. Ciclistica al top, leggerezza assoluta e guidabilità di eccellenza della Mito scaverebbero un solco profondo tra questa moto e la quasi totalità dell’attuale produzione mondiale della categoria. Inoltre, in MV realizzerebbero quella moto che in tanti ancora oggi aspettano, una vera supermono stradale. La Mito è un mito di nome e di fatto, capace di conquistare i giovani di due generazioni arrivando ai giorni nostri praticamente immutata. Una leggenda narrata per oltre 20anni di cui sarebbe un peccato mortale non scrivere un secondo avvincente capitolo. E il mercato, pur di nicchia, premierebbe l’iniziativa.
Il design: come dovrebbe essere la Cagiva Mito del futuro?
Nei miei voli pindarici ho ragionato spesso su come potrebbe essere la nuova Cagiva Mito. Per gusto personale e, ahimè, pure per l’età, mi piacerebbe che la moto riproponesse in chiave moderna i dettami caratteristici della prima, mitica, generazione. Dopo aver ripreso le linee della Ducati 916 e scimmiottato con la versione 525 le parvenze della mitica Cagiva 500 GP del lontano 1994, la Mito di nuova generazione a mio avviso dovrebbe nascere esattamente dalla sua storia, aggiornata ma fedele a quelle linee che l’hanno resa un’opera d’arte amata in tutto il mondo. I fari tondi caratteristici oggi me li immagino a LED, mentre l’altrettanto distintiva carenatura sigillata oggi la vedrei bene tagliata da feritoie laterali, in funzione delle esigenze di raffreddamento di un propulsore 4T ma anche – e soprattutto – per mettere in bella evidenza il telaio così come avvenuto per le generazioni successive. Il massimo, volendo esagerare, potrebbe essere uno scarico sotto al motore totalmente nascosto dalla carena, con solo il silenziatore di scarico a fare capolino all’estremità laterale della pancia inferiore. La coda, squadrata e massiccia, dovrebbe essere resa più slanciata con un sapiente lavoro di rimodellamento dei fianchi, ovviamente impreziosita dal caratteristico faro posteriore sdoppiato. Esattamente come fu per la prima Mito, la nuova generazione la immagino anticipata da una versione naked, aggressiva e sopra le righe come lo è stata la progenitrice nel lontano ’90, la moto che fu l’antipasto di un successo commerciale ancor oggi vivo e vegeto. Due modelli una sola anima, quella della racer di razza capace di affascinare chi sia avvicina al mondo delle moto sportive (versione 300 cc) e chi punta invece a divertirsi su strada e in pista senza doversi scontrare con potenze monstre.
L’idea di veder morire una moto così a me lascia una tristezza infinita, e ho la certezza che siamo in tanti a pensarla così. Che ne dite, la “nuova Cagiva Mito” è una idea malsana?
giusto per precisare apparte i 440 derivazione Honda e il 125 che monta solo il basamento della shineray mentre termica completa nuovo progetto swm tutto il resto della gamma 300 500 e 650 sono totalmente progetti italiani e costruiti in Italia nello stabilimento di Varese come tutta la gamma completa di motociclette.
Ti chiedo scusa Ale, ringraziandoti della precisazione. Sugli appunti presi a Eicma 2015 ho trovato solo la dicitura “capitali Shineray” così non mi sono posto il problema. La mia, tra l’altro, voleva essere tutt’altro che una critica verso prodotti che ritengo estremamente interessanti e ben fatti. Correggo il mio pensiero anche nel testo.
Ciao! Leslie
Ciao, una mito con motore quattro tempi?????………un’altro scempio del motociclismo moderno…meglio lasciarla così come è.
Ciao a tutti .
Massimo
Ciao Massimo, per riavere la Mito, la sua filosofia estrema ed il design racing al 100% mi accontenterei anche di un modello a propulsione elettrica! Il 2T, purtroppo, non ha futuro…
in realtà la mito 500 4t era stata presentata al salone giusto prima di smettere la produzione di modelli maximoto…. era una evo con motore 500cc 4t derivazione husquarna…. penso che la progettazione a suo tempo fu fatta…. adattarla all’odierno sarebbe anche semplice…. e credo che seguaci anche tra gli attuali 40-45enni ne avrebbe….
Vero, ti ringrazio del l’appunto. Non ricordo il motore: se la memoria non mi inganna il mono che la equipaggiata era derivato da quello della Cagiva Canyon, quindi nulla di prestazionale. Ma il senso non cambia, continuo a pensare che una nuova Mito – oggi – se parzialmente fedele all’originale sarebbe un oggetto ambito da molti. Due o quattro tempi che sia.