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Honda CBR 600F, una Regina da 1.000 euro

martedì, 30 ottobre 2018 / Pubblicato il TEST, VIDEO

Honda CBR 600F, una Regina da 1.000 euro

Sportiva ma non estrema, comoda per il turismo ma capace di divertire (e vincere) in pista: per oltre un decennio la quattro cilindri Honda è stata il “simbolo” della categoria Supersport. Oggi, complice l’enorme diffusione sul mercato, con una cifra molto contenuta è possibile salire in sella ad una moto capace di regalare ancora tantissime soddisfazioni. 

Di Leslie Scazzola  – con il contributo di Francesco Bello

1.000 € per comperare una moto da usare tutti i giorni, con cui divertirsi nella guida sportiva su strada, fare turismo a medio e lungo raggio oppure, perché no, andare in pista a bruciare gomme e benzina. Vi sembra impossibile? E se vi dicessimo che con “soli” due milioni del vecchio conio potreste avere non una moto qualsiasi, bensì un vero e proprio mito? Honda CBR 600F è stata la regina delle Supersport fin dal suo debutto sul mercato, nel 1987. Con l’edizione 1991 la quattro cilindri di Tokio ha saputo trasformarsi ed evolversi fino a creare un equilibrio perfetto tra sportività e comfort, dinamicità e piacere di guida, arrivando sostanzialmente invariata fino al 1998 per poi lasciare strada ad una generazione profondamente rinnovata l’anno successivo. L’esemplare in prova, perfettamente originale, è stato acquistato per 1.000 €: con 46.000 km percorsi ed una meccanica ancora in perfetta salute, la moto è stata oggetto di una revisione dell’impianto frenante, della forcella e del monoammortizzatore, il tutto essenzialmente per “vezzo” del proprietario, non certo per esigenza. I segni del tempo sono invece visibili sulla carenatura e sui particolari verniciati, ma senza impegnative esigenze di restauro, tanto da essere stata tranquillamente iscritta al Registro Storico FMI.
Abbiamo deciso di realizzare un servizio su questa CBR 600F per raccontarvi quali e quante emozioni ognuno di noi potrebbe acquistare con soli 1.000 euro, una cifra con la quale oggigiorno appare difficile anche puntare ad uno scooter di seconda o terza mano per recarsi quotidianamente al lavoro. E invece no, mettetevi comodi e lasciate che vi raccontiamo come potreste spendere bene i vostri soldi.

Honda CBR 600F, una sportiva pronta a tutto
Ormai le sport tourer nei listini delle case si contano sulle dita di una mano, sostituite dalle più pratiche e modaiole crossover (o enduro stradali). Se fosse prodotta oggi, la Honda CBR 600F sarebbe proprio una turistica-sportiva, grazie ad una posizione di guida sufficientemente comoda, con manubri rialzati e pedane che non costringono a posizioni da fachiro, ed una sella accogliente che fornisce la sensazioni di sedere “dentro” la moto. In più, la CBR è davvero ospitale anche per il passeggero, che può vantare una porzione di sella ampia e il validissimo maniglione posteriore per aggrapparsi in accelerazione e frenata. Le linee morbide della carenatura, completamente “sigillata” come altre realizzazioni dell’epoca, accolgono il pilota fornendo un valido riparo aerodinamico per busto e testa, anche se nel periodo estivo le gambe devono sopportare l’accumulo di calore proveniente dal motore e trasferito alle plastiche. Quindi parliamo di una turistica? No, e basta percorrere pochi metri per rendersi conto della doppia personalità della CBR 600F. L’agilità è sorprendente, e i 206 kg di peso in ordine di marcia diventano un ricordo l’istante dopo aver rilasciato la frizione. Rispetto alle sportive di ultima generazione, che offrono una distribuzione dei pesi ben più caricata sull’avantreno, la sensazione di leggerezza dello sterzo imposta dalla posizione in sella deve essere metabolizzata, in quanto all’inizio si percepisce una sorta di “instabilità” che non invita a spingere con decisione negli ingressi in curva. Questa caratteristica è sottolineata dalla forcella tradizionale da 41 mm di diametro e dalla spalla bassa del pneumatico anteriore (120/60) che accentua l’immediatezza nelle risposte e nella primissima fase della discesa in piega. Un più convenzionale 120/70 pensiamo potrebbe rendere la moto più “solida” di avantreno, pur sacrificando un pizzico di agilità. Poco male.
Il riassunto di questo sta nel fatto di trovarsi tra le mani una moto davvero comoda, agile in città quanto spigliata e appagante tra i tornanti, pronta a macinare chilometri in autostrada ad andature da ritiro patente, accompagnarci al lavoro ogni giorno oppure scendere in pista con discreto profitto.
Proprio nella guida sportiva abbiamo potuto apprezzare le immutate qualità di una moto rapida e dinamica nell’assecondare le richieste del pilota, con sospensioni valide sulle buche e sul pavé ma anche correttamente sostenute quando si spinge un po’ di più. Rispetto a creature più moderne, l’impianto frenante, pur efficace, manca della prontezza di risposta tipica delle dotazioni più recenti. L’impronta a terra assicurata del pneumatico 160/60 garantisce una buona trazione anche agli angoli di piega elevati. Tuttavia, è innegabile che coperture dalle misure più moderne garantirebbero maggiore confidenza alle massime inclinazioni, ma l’equilibrio tra maneggevolezza e dinamismo risulta comunque ancor oggi molto valido.

Cavalli a sufficienza e sempre sfruttabili 
Il motore quattro cilindri 16 valvole negli anni si è dimostrato un indistruttibile macinatore di chilometri. L’unica annotazione ha riguardato il tenditore idraulico della catena di distribuzione , che rendeva la meccanica rumorosa a freddo. Risolto il problema nella versione 1995, non siamo a conoscenza di altre particolari problematiche, e non è un caso se la medesima unità sia stata adottata in seguito sulla fortunatissima Hornet 600 e altri modelli di casa Honda. Il carattere di questo propulsore è quanto di più lineare e godibile si possa desiderare. Con i suoi 100 cavalli (dichiarati, all’albero motore) non è un mostro di potenza, ma è possibile viaggiare in sesta marcia già a 1.000 giri/min senza accusare rifiuti o strappi di qualsiasi tipo. Volendo cercare il classico pelo nell’uovo si potrebbe lamentare un leggero effetto “on-off” in fase di chiusura e apertura del gas, condizione ascrivibile all’alimentazione a carburatori e alla quale, oggi che siamo abituati all’iniezione elettronica, va presa un po’ la mano. Fino a 6.000 giri/min circa il motore sale con una progressività interessante, per poi sfoderare un impulso corposo a circa 10.000 giri/min e da lì scalare con rapidità il contagiri fino a poco oltre i 12.000 giri/min. Rispetto ai motori di ultima generazione, il gap di potenza massima c’è, e lo si nota soprattutto in allungo, dove la “vecchia” Honda esaurisce la sua spinta picchiando contro il limitatore mentre le supersport più moderne (come ad esempio le ultime CBR 600 RR, solo per restare in famiglia Honda) volano a regimi stratosferici.
Anche qui, se volessimo riassumere in due parole potremmo dire che in pista – probabilmente – rispetto a moto moderne la nostra CBR si troverebbe con il fiato corto, mentre su strada i vent’anni e più di carriera vengono brillantemente occultati grazie ad una guida davvero gustosa.

Honda CBR 600F: la storia 
Nel 1987 Honda si mette in testa di riscrivere la storia delle sportive di media cilindrata, e per fare questo presenta una inedita sportiva con telaio monoculla in tubi di acciaio e un propulsore quattro cilindri capace di 76 cv. Con i suoi 197 kg di peso ed una carenatura integrale che cela completamente la meccanica, la nuova nata si pone al vertice del segmento grazie a prestazioni e guidabilità da riferimento, che la porteranno ben presto al successo commerciale e nelle competizioni di categoria. Impostando una tradizione che vedrà l’arrivo di interessanti aggiornamenti ogni due anni, nel 1989 la CBR 600F è oggetto di alcuni interventi di dettaglio alle sospensioni, ai freni e al motore, con la potenza massima dichiarata che lievita a 80 cv. Nel 1991 è la volta di un progetto fortemente rinnovato che, pur mantenendo la filosofia iniziale fatta di prestazioni ma anche piacere di guida su strada, getta le basi per i modelli successivi della media Honda. Il propulsore è oggetto di un profondo rinnovamento, tanto da poter essere definito una unità completamente nuova. La catena di distribuzione centrale (con assi a camme che agiscono su bilancieri) della precedente unità lascia il posto ad una configurazione più moderna,  con posizionamento sul lato destro dell’unità e camme che lavorano direttamente su punterie a bicchiere. In più, l’albero motore è più corto, i supporti di banco diventano 5 (contro i 6 precedenti), ed è nuovo il blocco cilindri integrato con il semicarter superiore. Il propulsore adotta caratteristiche maggiormente “superquadre”, con soluzioni innovative destinate a fare scuola nella categoria. Con un valore di potenza massima che lievita fino a oltre 90 cv e una ciclistica profondamente rinnovata e più moderna (i cerchi ruota a 17”, ad esempio, crescono di sezione fino ad ospitare pneumatici 120/60 e 160/60 in luogo ad una gommatura dalle misure più contenute) la CBR compie un netto balzo in avanti, tanto che nel 1993 è sufficiente qualche aggiornamento di dettaglio sostanzialmente legato alle sole sospensioni per confermarsi ai vertici della categoria.
Nel 1995 fa capolino il Direct Air Induction System, una presa d’aria dinamica che alimenta i nuovi carburatori da 36 mm (prima erano da 34 mm) e che amplia l’arco di utilizzo del motore spostando la rotazione massima in alto di 500 giri/min. Altri interventi riguardano l’adozione di un cerchio posteriore da 5”, ma con la medesima misura di pneumatico 160/60, e dell’impianto frenante, con nuovi dischi anteriori da 296 mm al posto dei precedenti da 276 mm. Nel 1998 è la volta di un leggero ritocco estetico al frontale, ma nulla di sostanziale, mentre nel 1999 la Honda CBR 600F si mostra al pubblico in una veste totalmente inedita: al posto del telaio a culla in tubi di acciaio debutta una nuova struttura a doppio trave in alluminio, con forcellone infulcrato direttamente nel carter motore. È nuova la forcella, sempre di tipo a steli tradizionali ma con diametro di 43 mm in luogo alla precedente da 37 mm, ed è oggetto di una profonda revisione anche il motore che, pur confermando i 92 cv dichiarati di potenza massima della precedente versione, promette una erogazione ancor più sfruttabile e corposa. Nel 2001 viene introdotta l’iniezione elettronica PGM-FI con corpi farfallati da 38 mm, e la potenza cresce fino a 98 cv. Nel 2003 è la volta della CBR 600 RR, ipersportiva che taglia di netto col passato proponendo una media cilindrata pensata e costruita esplicitamente per vincere in pista. Ma questa è un’altra storia… Ad oggi l’erede naturale della nostra CBR 600F nei listini Honda è la versione CBR 650 F, una moto che conferma le qualità sportive-stradali delle prime generazioni senza ambizioni da race-replica. Per quanto riguarda i progetti più sportivi, con l’introduzione della normativa Euro 4 sembra che Honda abbia perso interesse verso la categoria delle “medie”, tanto da non aver aggiornato la sua CBR 600RR sulla base delle nuove imposizioni. Ad EICMA 2018 sapremo se le cose stanno davvero così. 

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