In sella alla monocilindrica che ha rivoluzionato il mondo delle enduro. Plurivittoriosa alla Dakar, ha conquistato i mercati di tutto il mondo, e ancor oggi il suo fascino essenziale resta immutato
IL 1975 è un anno fondamentale nella storia sportiva di Yamaha. La casa di Iwata realizza una doppietta nel motomondiale che ha il sapore del dominio assoluto. Conquista l’alloro nella classe 350 con il venezuelano Johnny Cecotto, che si laurea campione del mondo ad appena diciannove anni diventando così il più giovane pilota ad avere vinto un titolo iridato di allora. Nella 500 Giacomo Agostini, passato a Yamaha dopo un clamoroso divorzio da MV Agusta, sbaraglia la concorrenza portando per la prima volta all’iride nella classe regina una moto dotata di motore a due tempi e dando il via a una scena tecnica che si concluderà solo con l’avvento dei nuovi regolamenti della MotoGP.
Forte di questa immagine di leader nelle corse Yamaha in quell’anno presenta una novità destinata a cambiare la propria storia commerciale e in generale quella del motociclismo: la prima XT 500. E’ una entrofuoristrada a quattro tempi, “X” sta per quattro e “T” per Trial, dall’aspetto agile e robusto dotata di un motore monocilindrico con la particolarità della lubrificazione a carter secco che eroga 32 CV su un peso complessivo del mezzo dichiarato in 142 kg a secco. La moto ammicca ai grandi spazi e alla libertà di potersi muovere su qualsiasi terreno tipica del continente americano, ma l’accoglienza è ottima su tutto il mercato mondiale e la nuova proposta diventa subito un successo.
In Europa in quegli stessi anni sta per esplodere il fenomeno Parigi-Dakar, la folle corsa creata dalla mente geniale e dalla passione di Thierry Sabine che prende il via dalla capitale francese per arrivare, dopo aver attraversato il deserto del Sahara, fino al mare in Senegal. Nella categoria moto la XT 500 è subito protagonista e vince le prime due edizioni guidata da Cyril Neveu. Questi successi amplificano l’immagine della nuova nata di Iwata come di una moto indistruttibile e pronta a tutto, resa ancora più affascinante dagli allestimenti in cui viene realizzata per partecipare alle maratone africane in cui è dotata di enormi serbatoi per poter affrontare le lunghissime tappe desertiche.
La XT 500 dopo cinque anni sul mercato da autentica dominatrice e aver ricevuto alcune modifiche apportate nelle varie versioni viene ulteriormente evoluta nella versione G che darà vita nell’81 a quella che vedete oggetto della nostra prova. La marmitta ora passa in alto e non più sotto il motore, il paracoppa è più esteso e la forcella è a perno disassato. Esteticamente viene introdotto un nuovo serbatoio in alluminio in parte verniciato e in parte lasciato in metallo a vista lucidato. Una finezza che sarà destinata a diventare un vera e propria icona di questo modello e a cristallizzarlo per sempre nell’immaginario motociclistico mondiale.
Provare oggi la XT 500 ti permette di ripercorrere e assaporare le ragioni di questo successo, che è tanto semplice quanto tutt’altro che scontato. In fondo la ricetta di Yamaha è chiara. Si trattava di riprendere il concetto delle scrambler monocilindriche a quattro tempi prodotte dalle case inglesi negli anni ’60, che avevano un grande seguito sul mercato, e riproporlo in chiave moderna, affidabile e al passo con i tempi. Una mission per niente facile da portare a termine, ma che la proverbiale cura che i costruttori giapponesi soprattutto in quegli anni mettevano nella confezione delle loro moto rese possibile e che appare evidente appena si muovono i primi metri in sella alla leggendaria XT.
La moto è facile, amichevole e il mono spinge con grande regolarità fino dai regimi più bassi senza mai mettere in difficoltà chi è alla guida. Su strada la tenuta è sorprendentemente buona, a patto di ricordarsi del comportamento che gli pneumatici tassellati hanno sull’asfalto, mentre in fuoristrada il peso contenuto e l’erogazione dolce la rendono estremamente piacevole e sincera. Non ci si sente mai in difficoltà o in balia del mezzo come spesso accade, ad esempio, con le grosse enduro bicilindriche quando si è in offroad. Le uniche note dolenti sono l’accensione, che più che una procedura richiede un vero e proprio rito, e la frenata blanda sopratutto se paragonata alle moto di oggi.
L’acquisto di una XT 500 oggi non si fa tanto e solo per l’indubbia bellezza e fascino del mezzo, quanto per una scelta che potremmo definire quasi filosofica. Immaginate di spegnere lo smartphone, disconnettervi da tutto e partire lasciandovi cullare dal pulsare ritmico del suo motore senza un navigatore a dirvi dove dovete andare, pronti a sbagliare strada e forse addirittura a perdervi, ma certi che scoprirete così nuovi luoghi, sapori e odori mai avvertiti e potreste magari persino trovare una nuova amicizia. Se è questo che cercate, con stile e leggerezza, la XT è la moto che fa per voi e probabilmente la apprezzerete per il meglio che può darvi.
La enduro di Iwata è stata prodotta nelle sue varie versioni in un numero elevatissimo di esemplari e quindi non è difficile reperirne di usate sul mercato. Più raro trovarne in buone condizioni, soprattutto dal punto di vista dell’impianto elettrico a 6 Volt che va ben ispezionato e che può essere responsabile di difficoltà anche gravi di accensione. Le quotazioni possono partire dai 4/5.000 € dei modelli conservati della più diffusa versione G, costruita dall’80/81 in poi, ai 7/8.000 della prima edizione con la marmitta bassa mentre gli esemplari restaurati, come sempre, hanno prezzi più variabili. Per il resto… imparate bene come accenderla e non vi fermerà più nessuno!
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