Monocilindriche, leggere, specialistiche. Un “nuovo” modo per divertirsi su strada e in pista
Il settore delle moto sportive è a un vicolo cieco: prestazioni oramai esagerate, prezzi che crescono in maniera direttamente proporzionale alla sofisticazione tecnica e appassionati che spesso ripiegano su scelte meno estreme (ed estremistiche) in virtù di una maggiore duttilità e facilità di utilizzo. Ma siamo sicuri che non esista una soluzione? E se la “chiave di volta” fosse proprio sotto ai nostri occhi?
Senza la presunzione di possedere la verità assoluta, queste valutazioni mi fanno pensare che forse è arrivato il momento di riprendere in mano i progetti “supermono”, esattamente quelli presentanti e velocemente rimessi nel cassetto circa a metà degli anni ‘90 da alcune aziende. Moto leggere, facili, umane nelle prestazioni quanto divertenti.
Ma andiamo per ordine.
Siamo tutti più o meno concordi nel dire che con una R1 o una 1198 (giusto per fare un esempio) oggi su strada non ci si diverte più: 200 cavalli, prestazioni da brivido e relativa inadeguatezza per le strade di tutti i giorni, rendono le attuali supersportive praticamente inutilizzabili fuori da un circuito, salvo una lunga preparazione Zen e magari un corso accelerato di autocontrollo prima di allacciare il casco. Certo, presentarsi al bar con una SBK replica è sempre molto appagante, ma chi può realmente dire di sfruttare anche solo in parte il potenziale di queste belve lungo le statali o sui passi di montagna? Punti della patente e multe “da mutuo casa” sono argomenti che fanno impallidire chiunque, sorvolando poi sulla questione sicurezza (nostra e degli altri utenti della strada!).
L’idea
Aziende di piccole dimensioni e factory impegnate nella realizzazione di modelli in micro-tirature dovrebbero a mio avviso sfruttare questa opportunità, cercando di proporre qualcosa di veramente innovativo. Pensiamo a un telaio sportivo dalle quote compatte, a sospensioni raffinate e freni di prim’ordine, con una bella carenatura affilata e un bel monocilindrico da 600 o 650 cc. Si, avete capito bene, proprio un mono. È vero che già in passato ci furono degli esperimenti in tal senso, e che le vendite non premiarono queste tipologie di moto, ma oggi i tempi potrebbero essere maturi, sia dal punto di vista tecnico che in termini di sfruttabilità.
Tornando a ritroso con la memoria ricordo ad esempio la Yamaha SZR col motore 660, ma nonostante la qualità costruttiva sfido chiunque a definire quel modello “accattivante” o “grintoso”, considerato il design particolare e le prestazioni tutt’altro che esaltanti del suo motore. Mettiamoci poi che il monocilindrico Yamaha era abbastanza pesante, ingombrante e sviluppato per tranquille enduro/stradali, quindi senza alcuna velleità sportiva. Anche Ducati sviluppò la sua Supermono, ma i pochi esemplari prodotti andarono a ruba e poi… più nulla.
Oggi le cose andrebbero diversamente, e vi dico anche il perché: pensate al monocilindrico KTM da 690 cc, alle sue dimensioni compatte e (soprattutto) ai sui 70 cv dichiarati. Mettiamo che il dato sia ottimistico, arrotondiamo per difetto e saltano fuori almeno una sessantina di puledri pronti a scatenarsi a ogni rotazione della manopola. A questi aggiungiamo poi una trattabilità ottima anche ai bassi regimi, una buona spinta ai medi e un allungo davvero interessante, unitamente al fatto che, ad esempio, la motard austriaca SMC così motorizzata supera di slancio i 180 km orari indicati. Avvolgiamo questo motore in un’attillata carenatura che conferisca all’insieme una valida aerodinamica, immaginiamo di poter contare su sospensioni regolabili, freni radiali e una reattività paritetica a quella delle oramai defunte 125 degli anni ’90. Sapete cosa verrebbe fuori? Un’arma micidiale da sfruttare in montagna e nel misto, capace di velocità nell’ordine dei 200 km/h e quindi di medie autostradali ben oltre i limiti consentiti; verrebbe fuori una moto piccola e compatta, ideale per i neofiti e “cattiva” quel che basta per appagare i palati più fini ed esigenti, e capace quindi di mostrarsi un’arma affilata su strada quanto una brutta concorrente nelle pinte più tortuose. Il tutto con consumi e costi di gestione (bolli e assicurazioni) decisamente più ponderati.
La controindicazione potrebbe essere quella di una tabella di manutenzione più fitta (alcuni mono prevedono addirittura una manutenzione fissata in base alle ore di utilizzo…), e magari la necessità di qualche intervento meccanico più importante a chilometraggi inferiori rispetto alle superbike attuali, ma bisogna considerare che i costi di produzione, e quindi d’acquisto da parte dell’utente, potrebbero essere molto competitivi rispetto anche alle attuali medie cilindrate.
Chi potrebbe impegnarsi nella realizzazione di queste moto?
Penso alle piccole Factory come CR&S, o Ghezzi e Brian, nonostante la prima non sia impegnata nella costruzione di sportive “pure” e la seconda sia invece legata storicamente a Moto Guzzi; penso anche a Bimota, che potrebbe così tracciare un cammino parallelo a quello intrapreso tramite la partnership con Ducati, o ancora altre realtà nuove o meno note.
Sono altresì convinto che questa filosofia di moto farebbe rinascere la categoria delle supermono nelle competizioni, invogliando diversi tecnici e piloti grazie a costi tutto sommato limitati.
Rimarrà soltanto un sogno?
Più che le piccole aziende mi chiedo come mai honda o yamaha non pensino a fare una bella supermono racing!